Le vicende storiche del territorio di Ro sono strettamente collegate al Po ed alle numerose alluvioni e straripamenti del fiume.
Fece parte del Ducato Estense e successivamente dello Stato Pontificio.
All’unità d’Italia Ro fu inserita nel Comune di Copparo ed ottenne autonomia amministrativa solo nel 1908.
Il territorio di Ro è noto per il romanzo
“Il mulino del Po” di Riccardo Bacchelli, in cui è descritta la storia
di una famiglia di fiumaioli.
*************
Ci sono varie ipotesi, anche curiose, che
vengono fatte dagli storici per rendere conto della derivazione
etimologica del nome Ro. Il più celebre degli storici della provincia di
Ferrara, Frizzi, rimanda il tutto alla dominazione dell’impero
Bizantino e degli Esarchi, quando riti, costumi, tradizioni e lingua
greca agevolmente si difusero in quelle terre.
“Dalla lettera greca Rho fu derivato il nome dato ad una nostra villa del Polesine di San Giovanni Battista”.
Questa seconda
interpretazione è dello storico Franceschini, per il quale è quasi certa
la provenienza dal greco “reor”, scorrere.
Una interpretazione ancora diversa il Pradi, altro storico, la ottiene derivandola dall’etimo “aratus”.
I primi veri cenni storici si
hanno a partire da una bolla di Papa Marino II del 944, e riguardano
la conferma di beni e diritti della Chiesa di Adria, fra i quali il
fondo di “Roda” con le selve e le ville di pertinenza. Il documento è
ritenuto però poco attendibile dallo storico Muratori essendo, a suo
avviso, stato alterato in epoca più tarda.
In una petizione al Vescovo
di Ravenna del 10 febbraio 1172 ed in una concessione del 25 aprile 1230
è ricordata una “Fossa di Reda o de Rede”
Però negli “Statuta Ferrariae” del 1287 il paese viene indicato con la forma “Rode”.
Cenni antichissimi esistono
anche per le altre frazioni attualmente comprese nel territorio del
Comune di Ro e precisamente Guarda, Ruina e Zocca.
Di Guarda il paese celebrato
dal Bacchelli nel suo “Il Mulino del Po”, le prime notizie sempre
riguardanti diritti ecclesiastici, secondo Frizzi, appaiono nel
1191.
E già doveva essere un centro
rivierasco importante se alcuni decenni dopo, nel 1240, vengono
indicate norme per il commercio del sale ad alcuni approdi sul Po, fra i
quali Guarda.
Di Ruina le prime notizie
riguardano tempi ancora più lontani: nel 995 venivano concessi in
vitalizio dal Monastero di San Vitale in Ravenna molti beni in
territorio ferrarese, fra i quali “Massa Rovina”.
Se le rovine riguardano
l’antico castello di proprietà del Vescovo di Ferrara (di cui alcuni
ruderi, afferma il Frizzi, erano ancora visibili nel 1508) vuol dire che
gli insediamenti della località avevano avuto inizio molti decenni
prima.
Altre notizie di Ruina si hanno si successivi documenti del 998 e del 1174.
Gli “Statuta Ferrarie” ne fanno menzione nel 1287.
Negli stessi statuti viene menzionata anche la villa di Zocca attraversata da un fossato detto “Scorsero”.
In effetti le origini di
queste comunità sono legate al corso de Po, che andò formandosi dopo la
rotta di Ficarolo del XII secolo. Le acque cominciarono a scorrere nel
nuovo letto, denominato Canale di Bovi, fu chiamata molta manodopera per
effettuare gli ingenti nuovi lavori di arginatura e molti di questi
operai si fermeranno con le loro famiglie nei luoghi di lavoro, formando
nuove comunità
Ma l’importanza degli insediamenti non poteva contare solo sui lavori di arginatura.
Si sentì impellente il
bisogno di terre da coltivare che, nonostante le ricorrenti alluvioni
devastatrici, furono strappate alla palude.
Nel 1564 finalmente inizia la
bonificazione del Polesine di Ferrara. In un primo tempo ne fu
impresario un certo Isidoro del Portello, padovano, ma poi, per
difficoltà finanziarie, subentrarono Alfonso II d’Este, i Contarini di
Venezia ed i Bonvisi di Lucca
Le opere poi di bonifica
continuarono nel tempo con tecniche e macchine sempre più moderne ed
efficienti per arrivare fino ad oggi in cui tutto il territorio del
Comune è perfettamente coltivabile.
Le traversie subite da questo territorio e da queste genti sono innumerevoli.
Alluvioni disastrose e ricorrenti hanno
imperversato per secoli, modificando la geografia e l’aspetto sociale
dei nostri territori a partire da quella di Ficarolo fino a quella
disastrosa del 1872 che allagò tutte le terre di levante della provincia
di Ferrara.. Vogliamo ricordare anche i grandi eventi bellici , quali
la grande battaglia di Polesella , combattuta fra Veneziani ed Estensi
nel 1509.
Questa battaglia è di grande
importanza storica perché, per la prima volta, furono impegnate in modo
razionale e sistematico le artiglierie che divennero poi le protagoniste
delle battaglie di tanti secoli a venire.
I veneziani, superiori per
navi e truppe, avevano stabilito una solida testa di ponte sulla riva
estense del Po, fra Ro e Zocca. Ma nella notte del 18 dicembre 1509 il
Duca Alfonso ed il fratello Cardinale Ippolito riuscirono, concentrando
il tiro dei loro cannoni, ad occupare una posizione utile per battere la
flotta nemica costituita da ventitrè grandi galee e da oltre cento
imbarcazioni minori ancora dall’altra parte del fiume. Tre giorni dopo
il Po era in piena e tutto il naviglio veneziano emergeva sul livello
dell’argine. Durante la notte il cardinale Ippolito usò con tanta
precisione le artiglierie che molto naviglio veneziano fu distrutto. Nel
giorno successivo l’artiglieria e le milizie estensi completarono
l’opera sbaragliando la forza veneziana, catturando tredici galee ed
affondandone due, con la perdita di circa duemila soldati veneziani
metre risultarono insignificanti le perdite estensi.
Altre tragiche vicende
belliche ebbero queste terre nel 1643, durante la guerra dei Barberini,
quando le truppe di Orlando Farnese incendiarono Ruina e parte di Zocca e
quasi tutti i mulini esistenti sul Po.
Passando altri secoli ed
altre guerre arrivò, nel 1797, il vento della rivoluzione francese. Chi
operò con entusiasmo per propagandare nuove idee anti-clericali fu
proprio un prete, il cittadino Giulio Cesare Armani, parroco di Guarda.
Di questo personaggio singolare possiamo dire che fu l’instancabile
organizzatore della Guardia nazionale del suo paese e dei paesi vicini.
Certamente fu un precursore nel difendere quelle idee di libertà e di
uguaglianza che, in seguito, avrebbero tolto i poveri dallo stato di
assoggettamento fisico e morale nel quale, alla fine del 1700, erano
tenuti tutti coloro che erano lontani dalle leve della proprietà e del
potere.
Anche la seconda guerra
mondiale ha provocato in questi luoghi lutti e rovine, terminando
nell’aprile del 1945 con l’atroce spettacolo delle centinaia di soldati
tedeschi annegati e trascinati a valle dalle correnti del fiume che
avevano cercato di attraversare durante la ritirata verso nord per
sottrarsi alla prigionia.
Ma la vita è sempre più
forte, e così tutto è rinato e si è sviluppato in maniera incredibile,
sia nella qualità della vita,sia nella quantità della vita che nello
sviluppo della conoscenza e del pensiero.
La lotta per la conquista di
diritti per l’uomo è stata lunga e difficile, così come lungo e doloroso
è stato il travaglio per strappare queste terre al fiume, alla palude,
alla malattia. E non è a caso che proprio in questi territori si
svolgano le prime e più cruenti lotte sociali del bracciantato
agricolo, per ottenere più dignitose condizioni di vita e di
lavoro, ha dovuto bagnare, oltre che con il sudore, anche con il sangue
quelle zolle sulle quali per secoli aveva tribolato.
Sono rimaste poche cose a
ricordare i tempi passati: l’antica chiesa di Ro , povera pieve
distrutta alcune volte fino al 1774, anno nel quale venne elevata quella
odierna a cui fece seguito, un secolo dopo, la costruzione del
campanile; la chiesa di Guarda, “volta le spalle ai parrocchiani” ed ha
origini molto antiche, pare sia stata rifatta molte volte, fino al 1770
anno d’inizio della costruzione dell’edificio attuale, la chiesa di
Ruina, di origini molto lontane, la chiesa di Zocca anch’essa di
origini antiche distrutta e rifatta alcune volte fino alla costruzione
della nuova chiesa , avvenuta nel 1960; la chiesa di Alberone invece è
stata costruita dopo la sua elevazione a parrocchia nel 1963.
Termino questi cenni
ricordando due delle più caratteristiche immagini del nostro passato:
quella dei pescatori di storione e dei mulini del Po. Entrambe sono
legate al fiume che di queste terre, da sempre, è il padre-padrone. La
figura dei pescatori di storione ora scomparsa è rimasta nei racconti e
nelle leggende della nostra gente: le feroci lotte per portare
“capatosta”sulla barca sono ancora oggetto di discussione e di commenti,
anche se qualvolta, alterati dal vino e soffocati dalla lontananza del
tempo. Anche i mulini del Po sono scomparsi . Si ha memoria che già
nell’anno 1100 pittoreschi mulini erano in funzione nel fiume. E
certamente lo furono per molti secoli se, in un’indagine del 1873, i
mulini della nostra provincia risultavano essere 173.
Riccardo Bacchelli li
immortalò con il nome del suo romanzo: “Il mulino del Po” e grazie anche
a questa saga stupenda della famiglia Scacerni che, iniziando dalla
disastrosa guerra napoleonica di Russia, finisce alle soglie della
prima guerra mondiale, la loro immagine resta integra nel profondo
delle nostre emozioni e della nostra cultura. Fino all’ultimo mulino,
ricostruito per rivendicare una tradizione antica ed affondato nel 1944
alla pianta di Zocca in seguito agli eventi bellici dell’ultimo
conflitto.
A cura di
Maria Cristina Felisati
Nessun commento:
Posta un commento